La chirurgia dello stomaco
Lo stomaco è l’organo situato nella parte superiore sinistra dell’addome ed è direttamente connesso all’esofago attraverso lo sfintere esofageo inferiore (o valvola cardiale) dal quale riceve il cibo. Nello stomaco iniziano i processi digestivi grazie alla contrazione periodica dell’organo che consente il passaggio del cibo nell’intestino tenue attraverso lo sfintere esofageo inferiore (valvola cardiale).
Lungo circa 25-28 cm e largo 10-12 cm, ha una struttura elastica che può variare nella forma e nelle dimensioni grazie alle pliche ripiegate che ne compongono la parete.
Tabella dei contenuti
Cos'è il cancro dello stomaco o carcinoma gastrico?
Il cancro dello stomaco (carcinoma gastrico) si sviluppa quasi sempre dalle cellule della mucosa gastrica che riveste l’interno dell’organo e può insorgere in ogni parte di esso. Rappresenta una delle più frequenti cause di morte al mondo, in particolare nei Paesi più sviluppati ed è il quinto in ordine di incidenza tra gli uomini e il sesto tra le donne, soprattutto in età avanzata. La tipologia più frequente è l’adenocarcinoma (90%), ulteriormente suddiviso in tipo intestinale (tipicamente del tratto distale dello stomaco, ulcerato) e tipo diffuso (a peggior prognosi).
La prognosi di questa patologia è strettamente correlata allo stadio del tumore. In particolare all’interessamento dei linfonodi e all’estensione extra-gastrica: solo nel 10-20% dei casi il tumore gastrico si presenta in stadi precoci, nell’80% dei casi infatti si riscontra in stadi avanzati, con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni pari a circa il 20-25% .
Il percorso diagnostico terapeutico
La gestione diagnostica e terapeutica del paziente affetto da carcinoma gastrico prevede l’interazione di un team multidisciplinare composto da chirurgo, oncologo medico, endoscopista, radioterapista, radiologo e nutrizionista.
Presso l’Ospedale Niguarda è stato istituito un ambulatorio dedicato alla cura di questa neoplasia che prevede la partecipazione di tutti gli specialisti coinvolti, al fine di garantire un approccio terapeutico e un percorso di cura ottimale.
La terapia può variare dall’asportazione endoscopica, all’intervento chirurgico, a un percorso che includa un trattamento chemioterapico pre- e post-chirurgico.
Quali sono i fattori di rischio?
I principali fattori di rischio sono:
- Infezione daIl Helicobacter pylori;
- Consumo eccessivo di carne e pesce salmistrati o affumicati, cibi molto salati e con conservanti;
- Gastriti croniche;
- Radiazioni ionizzanti (raggi X o raggi gamma);
- Malattia di Ménétrier (ingrossamento delle pliche gastriche);
- Ereditaretà. Parente di primo grado (genitore, fratello, figlio) già colpito dal cancro dello stomaco;
- Determinate alterazioni genetiche (es. poliposi adenomatosa familiare, sindrome di Peutz-Jeghers);
- Fumo di sigaretta.
Gli esperti raccomandano di controllare le infezioni da Helicobacter pylori e di adottare una dieta equilibrata, accompagnata da uno stile di vita sano e attivo.
Quali sono i sintomi del tumore dello stomaco?
Per effettuare la diagnosi e individuare lo stadio del tumore dello stomaco, vengono eseguiti i seguenti esami:
- EMATOCHIMICI COMPLETI + CEA, CA19.9;
- GASTROSCOPIA (nel corso di quest’esame il medico introduce un tubo con una telecamera nello stomaco, in modo da poterlo osservare attentamente e prelevare campioni di tessuto) + BIOPSIA-ESAME ISTOLOGICO;
- ECOENDOSCOPIA;
- TC TORACE-ADDOME con mezzo di contrasto.
Gli stessi esami verranno ripetuti nel caso di rivalutazione di malattia dopo trattamento chemioterapico neoadiuvante e prima della chirurgia.
Esami diagnostici per il tumore dello stomaco
I principali fattori che aumentano il rischio di ammalarsi di cancro all’esofago sono:
- il fumo;
- un elevato consumo di alcolici o di cibi e bevande molto calde;
- un’alimentazione scorretta;
- sovrappeso e obesità;
- infezione virale da HPV.
L’80-90% dei tumori dell’esofago è provocato dal consumo di alcool e tabacco: l’abbinamento di questi due fattori aumenta il rischio fino a 100 volte. Chi soffre per molti anni di rigurgiti acidi e bruciori di stomaco (malattie da reflusso gastroesofageo) sviluppa un maggior rischio di ammalarsi di cancro dell’esofago. L’esofagite peptica, l’esofago di Barrett e l’acalasia esofagea sono fattori predisponenti per il tumore dell’esofago.
I fattori genetici
Alcuni fattori genetici influiscono significativamente sulla comparsa dei tumori esofagei: la presenza di tilosi palmare o plantare (rara malattia ereditaria che causa l’ispessimento della pelle del palmo delle mani e della pianta del piede), la papillomatosi dell’esofago.
Quali sono i sintomi del tumore dell’esofago?
Il cancro dell’esofago si manifesta in genere con problemi di deglutizione (disfagia). Queste difficoltà compaiono in modo graduale, prima per i cibi solidi e successivamente per quelli liquidi.
Altri sintomi sono rappresentati da:
- crampi al momento di deglutire;
- reflusso;
- bruciori di stomaco oppure raucedine (calo o cambiamento del tono della voce), un’importante perdita di peso;
- feci nere che indicano un sanguinamento nelle vie digestive, senso di fastidio dietro lo sterno;
- stanchezza.
Come viene diagnosticato il tumore dell’esofago?
Fra gli esami utili per diagnosticare e valutare l’estensione (stadiazione) della malattia vi sono:
- Esofago-gastroduodenoscopia;
- Tomografia Assiale Computeizzata(TAC);
- Tomografia a Emissione di Positroni (PET);
- Ecoendoscopia;
- Fibrobroncoscopia.
Quali sono i trattamenti del tumore dell’esofago?
Il trattamento del tumore all’esofago si basa su un approccio multidisciplinare. La valutazione viene effettuata da un’équipe composta da gastroenterologi, chirurghi, oncologi medici e radioterapisti, otorinolaringoiatri, nutrizionisti e fisioterapisti, garantendo al paziente le migliori opportunità per prevenire, diagnosticare e curare la malattia.
L’intervento chirurgico rappresenta la principale terapia nel caso di cancro all’esofago e quella maggiormente praticata in associazione a chemio e radioterapia, da valutare a seconda della stadiazione del tumore. L’asportazione dell’esofago, sia con tecnica tradizionale che con tecnica mini-invasiva, è un intervento complesso che richiede generalmente l’accesso a più parti del corpo.
Dopo aver rimosso l’esofago, lo stomaco viene unito al moncone dell’esofago residuo. Viene quindi effettuata una anastomosi (sutura – unione) tra esofago e stomaco.In caso di tumori dell’esofago prossimale l’intervento consiste in una esofagectomia, che rimuove tutto l’esofago con le sue linfoghiandole.
L’intervento chirurgico può essere eseguito sia con tecniche tradizionali a cielo aperto sia con tecniche mini-invasive (laparoscopia, toracoscopia). L’approccio mini-invasivo è meno traumatico, comporta meno dolore postoperatorio e una più rapida ripresa del paziente. Nei casi in cui vi siano controindicazioni all’intervento chirurgico i pazienti possono essere trattati con chemioterapia e radioterapia e procedure palliative quali il posizionamento di Stent endoscopici per permettere l’alimentazione.
Domande Frequenti
L’ernia è la fuoriuscita del contenuto addominale, adipe o viscere, attraverso un orifizio o una regione di minore resistenza della parete addominale. Esistono quindi delle regioni anatomiche che più di altre sono soggette alla fuoriuscita delle ernie. La regione inguinale e quella ombelicale sono le più tipiche e frequenti. Più rare sono le ernie crurali, più frequenti nel sesso femminile, le ernie di Spigelio e quelle lombari.
Non si può tracciare un unico percorso di recupero postoperatorio. Ogni caso è a sè. Dipende da tanti fattori, non ultimo lo stato di salute del paziente e il tipo di tecnica impiegato.
In linea di massima possiamo comunque ipotizzare, per un intervento di laparoalloplastica laparoscopica, condotto per un difetto di piccole - medie dimensioni in un paziente senza copatologie, una tempistica di uno o due giorni per la ripresa di attività sedentarie (come lo studio e il lavoro di scrivania) e di circa un mese e mezzo - due per attività più impegnative come la palestra e la corsa.
La Rives è un tipo di riparazione “a cielo aperto” della parete addominale, utilizzata per trattare laparoceli o ernie primitive molto grandi per le quali non sussiste l’indicazione alla laparoscopia. Prevede il posizionamento di una protesi a livello del piano che si trova sotto i muscoli retti dell’addome.
La Posterior Component Separation (altrimenti conosciuta con l’acronimo di TAR - Transversus Abdominal Release) è una sorta di evoluzione della Rives: attraverso la disinserzione del muscolo trasverso vengono impiantate reti molto vaste in grado di “abbracciare” la parete addominale nella sua interezza. Questo permette di trattare laparoceli permagni di più di 15 - 20 cm di diametro latero - laterale
L’indicazione chirurgica passa attraverso un’attenta raccolta dell’anamnesi e un accurato esame obiettivo. Possono essere necessarie indagini radiologiche come l’ecografia o la TAC addome senza contrasto.
Il nostro bagaglio tecnico ed esperienziale ci permette di eseguire varie tecniche chirurgiche, a cielo aperto e mininvasive, comunque e sempre tarate sul paziente che dobbiamo curare.
Ci siamo distinti, ieri e oggi, per un diffuso impiego della laparoalloplastica laparoscopica, cioè per l’impianto di reti intraperitoneali attraverso piccole incisioni chirurgiche.
In specifici casi, come quando dobbiamo trattare difetti particolarmente vasti o situati in punti anatomici particolari, la laparoscopia non trova spazio e sono necessari interventi più invasivi e impegnativi come le varie tipologie di riparazione a cielo aperto: ad esempio la laparoplastica secondo Rives o la Posterior Component Separation che prevedono l’impianto di protesi in determinati piani della parete addominale.
La chirurgia non è comunque mandatoria per tutti i pazienti. Il chirurgo valuterà i pro e i contro dell’intervento basandosi sull’anamnesi del paziente, sulle condizioni cliniche attuali e sull’impatto della chirurgia sul miglioramento della qualità di vita.
Spesso il laparocele è asintomatico.
I sintomi più frequenti sono senso di fastidio e bruciore a livello di una pregressa cicatrice chirurgica, in particolare dopo attività fisica o dopo che si è stati molto in piedi.
Tra i segni, più evidente nei difetti maggiori, vi è la tumefazione, che si manifesta con un evidente cambiamento del profilo addominale.
Il laparocele può essere causa in varia misura di dolori addominali e di alterazioni dell’alvo.
Nei casi più importanti gran parte del contenuto addominale fuoriesce in modo permanente dalla cavità addominale: è il caso della “perdita di domicilio” del laparocele.
Le complicanze più temibili sono l’occlusione e lo strangolamento: richiedono entrambe l’intervento chirurgico urgente.
Il laparocele consegue al cedimento di una cicatrice chirurgica addominale.
E’ una conseguenza ancora molto frequente della chirurgia addominale a cielo aperto e ha anche una certa frequenza in quella laparoscopica.
L’origine è multifattoriale: predisposizione costituzionale, tabagismo, obesità, malattie croniche come il diabete e la broncopneumopatia cronica ostruttiva, plurimi interventi addominali, pregresse infezioni di ferita, la sede della laparotomia, il tipo di tecnica e i materiali usati per suturare la laparotomia sono solo alcuni.
L’ernioplastica inguinale è un intervento condotto in day surgery: il paziente viene ricoverato e dimesso il giorno stesso dell’intervento. Il giorno stesso e i giorni immediatamente successivi il paziente può riprendere un’attività sedentaria (es. studio e lavoro di scrivania). Dopo una settimana circa, oppure dopo più tempo in base al singolo caso, il paziente può gradualmente riprendere lle proprie attività quotidiane usuali.
In caso di intervento laparoscopico (TAPP) la dimissione avviene nella maggior parte dei casi dopo una notte di ricovero. I tempi di recupero sono identici all’intervento “aperto”.
È una tecnica laparoscopica che permette, attraverso tre piccole incisioni chirurgiche, di trattare l’ernia inguinale. (Per le indicazioni vedere “Che tipo di intervento proponiamo per trattare l’ernia inguinale?”). Può essere associata, se vi è indicazione, ad altri interventi laparoscopici come la colecistectomia o la plastica del laparocele.
La laparoscopia è una tecnica chirurgica che permette la realizzazione della maggior parte degli interventi della chirurgia addominale attraverso piccole incisioni cutanee.
Necessita un’anestesia generale.Trova oggi largo spazio nella chirurgia di parete permettendo il trattamento della maggior parte dei laparoceli e delle ernie inguinali recidive e bilaterali. L’intervento in laparoscopia non è da considerarsi più semplice rispetto il corrispettivo classico. Assicura però una ridotto dolore postoperatorio, un’importante riduzione dell’incidenza delle infezioni di ferita e una più rapida dimissione.
Il gold standard del trattamento è l’ernioplastica secondo Lichtenstein. Questa metodica è condotta in anestesia locale o locoregionale e prevede l’impianto di un dispositivo protesico (la “retina”) che ha lo scopo di indurre una reazione infiammatoria locale che produrrà la deposizione locale di collagene e rinforzerà la parete addominale nel sito dell’ernia. L’avvento di particolari colle permette di ridurre al minimo indispensabile i punti utilizzati per fissare la protesi con conseguente riduzione del rischio di dolore cronico neuropatico.
In caso di ernie bilaterali primitive o recidive mono e bilaterali proponiamo l’intervento laparoscopica: la TAPP, acronimo di Transabdominal PrePeritoneal (Hernia Repair)
Il cinto erniario è un sistema di contenzione dell’ernia inguinale. Nella nostra esperienza è da evitare per gli importanti fenomeni aderenziali che il decubito prolungato del “cuscinetto” crea tra il sacco erniario e gli elementi del funicolo. Una mutanda elastica contenitiva può invece essere utile in determinati casi e con le dovute istruzioni. Il trattamento dell’ernia inguinale non è medico ma prevede l’intervento chirurgico.
Una della manifestazioni urgenti più frequenti è l’incarceramento dell’ernia, cioè l’incapacità del contenuto fuoriuscito a ritornare all’interno della cavità addominale (spontaneamente o con le manipolazioni del paziente). L’incarceramento, si manifesta con tumefazione e dolore locale, e nei casi più gravi, con segni di occlusione intestinale. Richiede la presa in carico del chirurgo di PS che tenterà di ridurre manualmente l’ernia oppure porrà indicazione per l’intervento chirurgico urgente. Nei casi più gravi l’incarceramento dell’ernia può essere causa di strangolamento, cioè del mancato apporto vascolare al viscere erniato: può essere necessaria la resezione intestinale del tratto interessato.
Le protesi o reti rappresentano la chiave di volta dell’attuale chirurgia di parete addominale.
In commercio ne esistono una moltitudine, non riassorbibili e riassorbibili, di varie misure e forme.
Molte sono accomunate dal fatto di essere polimeri che stimolano una reazione infiammatoria locale e vari gradi di fibrosi con lo scopo di rinforzare o addirittura sostituire la parete addominale nell’area di debolezza.
Gli sforzi fisici possono essere considerati, per quanto precedentemente detto, una concausa e non la causa principale dell’insorgenza di queste patologie la cui origine è polifattoriale.
No. Esiste però una predisposizione familiare, documentata in alcuni casi, per cui alcuni soggetti presentano una debolezza costituzionale della parete addominale che aumenta la probabilità di insorgenza di ernie e laparoceli.
Molte ernie inguinali sono asintomatiche e il paziente non sa neanche di esserne portatore.
I sintomi più frequenti sono senso di fastidio e bruciore locale in particolare dopo attività fisica o dopo che si è stati molto in piedi. Nelle ernie più grandi vi è tumefazione locale, fino ad arrivare, all’ernia inguinoscrotale in cui l’intestino si fa strada nello scroto.
Il laparocele è la fuoriuscita del contenuto addominale, adipe o viscere, attraverso una cicatrice chirurgica. Va considerata una vera e propria ferita cronica con possibilità nulla di guarigione incruenta.
Si può manifestare potenzialmente in ogni sede della parete addominale che sia stata sottoposta a incisione chirurgica.