La chirurgia colo-rettale
Il tumore al colon e al retto rappresentano la seconda causa di mortalità in Italia, sia nell’uomo che nella donna e sono quelle maggiormente trattate a livello chirurgico, specialmente in ambito oncologico. Il tumore al colon retto si sviluppa a causa di una proliferazione incontrollata di cellule della mucosa che rivestono la parte interna della parete intestinale.
Nella maggior parte dei casi la neoplasia parte da polipi adenomatosi, vale a dire da proliferazioni cellulari benigne, visibili attraverso l’esame diagnostico della colonscopia, che possono poi degenerare e diventare maligne nel corso di 10-15 anni. Nella maggior parte dei casi la neoplasia non manifesta sintomi. Per questo è necessario e consigliato aderire ai programmi di screening, che assumono un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella cura di questa neoplasia che, se presa in tempo, può essere adeguatamente trattata con buoni risultati.
Tabella dei contenuti
Quali sono i principali fattori del tumore al colon?
Tra i principali fattori di rischio del tumore al colon retto ci sono:
- L’età: circa il 90% dei pazienti ha più di 50 anni;
- Storia familiare: il rischio aumenta se un cancro colorettale o polipi adenomatosi sono stati diagnosticati a parenti (in particolare genitori e fratelli);
- Storia medica personale: il rischio aumenta se il soggetto è affetto da una malattia infiammatoria cronica dell’intestino (colite ulcerosa o malattia di Crohn), o se ha già rimosso in passato un cancro o un polipo;
- Sovrappeso e scarsa attività fisica;
- Dieta: elevato introito di carne rossa, insaccati, farine e zuccheri raffinati e grassi, soprattutto se di origine animale. Una dieta ricca in frutta e verdure, carboidrati non raffinati e vitamina D contribuisce a ridurre il rischio di sviluppare una neoplasia colorettale;
- Fumo e alcol.
Qual è la tipologia di tumore al colon più frequente?
Il tumore più diffuso al colon è, nel 95-97% dei casi, l’adenocarcinoma, una neoplasia maligna che trae origine dalle cellule epiteliali della mucosa intestinale.
Quali sono i sintomi del tumore al colon retto?
Il tumore del colon retto è spesso asintomatico, soprattutto in fase iniziale. I sintomi compaiono generalmente dopo qualche tempo dall’insorgenza della neoplasia e variano a seconda del punto in cui le cellule tumorali sono localizzate.
Sintomi principali del tumore al colon
I sintomi principali sono:
- Cambiamento delle abitudini intestinali (es: alternanza diarrea-stipsi, variazioni nella consistenza delle feci ecc.);
- Sanguinamento;
- Sangue nelle feci;
- Dolore addominale;
- Crampi addominali;
- Gonfiore addominale;
- Sensazione di non riuscire a svuotare l’intestino
- Anemia;
- Debolezza, affaticamento;
- Perdita di peso senza motivo;
- Dispnea.
Come si diagnostica il cancro al colon retto?
Il primo passo per avere una diagnosi precoce del tumore al colon retto è il programma di screening, con l’esame delle feci e la ricerca del sangue occulto. Tuttavia, una volta accertata la presenza di sangue occulto nelle feci, per arrivare alla diagnosi di tumore al colon retto, è necessario ricorrere alla colonscopia.
Oltre ai programmi di screening, indicati generalmente a partire dai 50 anni, si dovrebbe considerare di sottoporsi a una colonscopia, nel caso dovessero insorgere questi sintomi:
- Perdita di sangue dal retto o sangue sulla carta igienica dopo evacuazione;
- Diarrea protratta nel tempo o stipsi che tende ad aggravarsi;
- Modifiche nella consistenza e nella forma delle feci, tenesmo (stimolo inappropriato all’evacuazione);
- Dolore addominale;
- Anemia ferropriva.
Lo screening è consigliato anche a soggetti che presentano casi di familiarità (parenti di primo grado) per questo tipo di tumore. In questo caso le linee-guida internazionali raccomandano di anticipare all’età di 40 anni l’esecuzione della prima colonscopia.
Esami diagnostici
La Colonscopia
La colonscopia è l’esame principale per diagnosticare il tumore del colon-retto. Si tratta di una procedura che consiste nell’ispezionare il colon ed il retto attraverso un colonscopio, un tubo sottile e flessibile di circa un centimetro di diametro, dotato di telecamera, in grado di trasmettere le immagini, in tempo reale, su uno schermo. Questo esame permette al medico, di rimuovere eventuali polipi (polipectomia) di origine benigna nel corso della colonscopia. Le tecniche di polipectomia endoscopica consentono di asportare la maggior parte delle lesioni polipoidi. La colonscopia necessita di una preparazione pre esame che prevede dieta liquida per alcuni giorni prima della procedura e lassativi assunti con circa 4 litri di acqua nel giro di poche ore. E’ possibile eseguire questo esame in sedazione profonda, che non è un’anestesia generale, tramite l’infusione di un farmaco, in grado di eliminare qualsiasi fastidio o dolore del paziente e di consentire un immediato recupero di coscienza alla fine della procedura. Per quanto riguarda le complicanze, il rischio di perforazione dell’intestino è molto basso e si attesta a circa 1 caso ogni 4.000 esami.
La Colonscopia virtuale
La colonscopia virtuale è una TAC (tomografia assiale computerizzata) che può essere eseguita in alternativa alla colonscopia tradizionale. Questa tecnica diagnostica consente di acquisire immagini mediante macchine TAC che vengono poi elaborate dal computer per fornire un’analisi dettagliata della superficie interna del colon. L’esame non è invasivo e non necessita l’introduzione dell’endoscopio. E’ necessario tuttavia, per eseguire la procedura, gonfiare l’intestino attraverso una piccola sonda inserita nel retto, con aria (CO2), senza alcun fastidio per il paziente. Anche per questa procedura è necessaria la preparazione prima di sottoporsi all’esame, che però è più leggera di quella indicata per la colonscopia. A differenza della colonscopia tradizionale quella virtuale non consente di asportare polipi e di eseguire la biopsia.
La stadiazione
La stadiazione consiste in una serie di esami che vengono eseguiti dopo aver diagnosticato una neoplasia del colon o del retto. LA TC (tomografia computerizzata) dell’addome e del torace è utilizzata per escludere metastasi a distanza (fegato, polmone, ossa).
Nel caso in cui vi sia la presenza di un tumore del retto, invece, sono necessari alcuni esami per stabilire il corretto percorso terapeutico tra i quali:
- Risonanza magnetica (RMN), che permette di rilevare con precisione la dimensione del tumore e la sua infiltrazione negli strati della parete intestinale e nelle strutture adiacenti. E’ inoltre molto importante definire con questo esame la presenza di linfonodi patologici e la dissociabilità rispetto agli organi e alle strutture adiacenti. Si tratta di un esame non invasivo che necessita soltanto il posizionamento di una piccola sonda nel retto per iniettare il mezzo di contrasto.
- Ecoendoscopia (EUS): è una metodica che utilizza una piccola sonda a ultrasuoni, che viene introdotta nel retto attraverso un endoscopio e che consente di rivelare l’eventuale diffusione del tumore negli strati della parete intestinale e lo stato dei linfonodi regionali e di effettuarne le biopsie.
Quali sono i trattamenti indicati per il tumore al colon retto?
La chirurgia è il principale trattamento per la cura del tumore colorettale. Oggi, grazie all’adozione di tecnologie avanzate, è possibile effettuare gli interventi in laparoscopia, con delle piccole incisioni della parete addominale, che riducono notevolmente l’invasività chirurgica.
In particolare, i vantaggi della chirurgia mininvasiva sono:
Minori giorni di degenza e diminuzione del rischio di infezione;
Ripresa precoce delle funzioni intestinali, dell’alimentazione, della deambulazione e delle normali attività di vita quotidiane (es. attività lavorativa).
Spesso l’opzione chirurgica viene abbinata a cicli di chemio e radioterapia pre e post intervento, sempre sulla base della diagnosi dello specialista, dello stadio della neoplasia e delle condizioni cliniche del paziente.
In che cosa consiste la chirurgia robotica nel trattamento del tumore al colon retto?
La chirurgia robotica, o robot assistita, costituisce un’alternativa terapeutica per il trattamento dei tumori colorettali. Questa tecnica chirurgica si avvale di un robot (robot da Vinci), che viene manovrato da un chirurgo attraverso una consolle di comando. Il robot è costituito da quattro braccia meccaniche a cui vengono montati i diversi strumenti chirurgici, tra cui una microtelecamera, che vengono inseriti, attraverso delle piccole incisioni, nel corpo del paziente.
La microtelecamera consente di avere un effetto zoom che consente di essere ancora più precisi visualizzando anche la più piccola struttura anatomica. A questo si aggiunge una visuale in 3D che permette di muoversi più agevolmente nei differenti piani chirurgici. Nella chirurgia laparoscopica, il campo operatorio è visualizzato su uno schermo in due dimensioni, viene a mancare la profondità. A questo si aggiunge anche la possibilità di movimento degli strumenti, che è più fine ed articolato con il robot.
Domande Frequenti
Il tumore del colon-retto nei paesi occidentali rappresenta il terzo tumore maligno per incidenza e mortalità, dopo quello della mammella nella donna e quello del polmone nell’uomo. La maggior parte dei tumori del colon-retto deriva dalla trasformazione in senso maligno di polipi, ovvero di piccole escrescenze, di per sé benigne, dovute al proliferare delle cellule della mucosa intestinale. Non tutti i polipi hanno questa caratteristica: alcune varianti infatti (polipi infiammatori ed amartomatosi o giovanili) non hanno tendenza alla trasformazione, mentre quelli adenomatosi si cancerizzano con una frequenza proporzionale alle dimensioni e alle caratteristiche. Il carcinoma colo-rettale ha un’incidenza differente a seconda della sede: il 31% dei casi colpisce il primo tratto (cieco, colon ascendente e metà destra del colon traverso) mentre il 47% quello distale. Elevata è la frequenza con cui è colpito il solo retto (32%), che presenta tuttavia una variante “a sè”.
La popolazione mondiale sta invecchiando ed i dati a disposizione
La popolazione mondiale sta invecchiando ed i dati a disposizione evidenziano come sempre più pazienti “anziani” andranno in contro a sviluppare un tumore colo-rettale e quindi la necessità di un intervento chirurgico. Il nostro ruolo in questo caso è quello di adottare uno sguardo globale al paziente analizzando nel dettaglio tutto ciò che può aiutarlo ad affrontare un percorso complesso ma assolutamente superabile. In quest' ottica abbiamo pianificato un percoso ad hoc, denominato “percorso pazienti fragili”, associando alla valutazione chirurgica una valutazione neurologica, nutrizionale e assistenziale volta a correggere preventivamente i punti critici, consentendo al paziente di arrivare all' intervento nelle migliori condizioni possibili. La laparoscopia, grazie ai suoi vantaggi, costituisce una alternativa terapeutica imprescindibile soprattutto in questa categoria di pazienti.
Affrontare un intervento chirurgico è un grande stress sia fisico che psicologico e perciò è importante prepararsi affinché si possa arrivare pronti a questo appuntamento e far sì che vi sia il minor impatto possibile sul normale compenso fisiologico. Nel nostro reparto, ormai da molti anni viene applicato un “programma per un miglior recupero”, gestito da un gruppo multidisciplinare formato da chirurghi, anestesisti e infermieri. Questo percorso mira ad una miglior recupero dopo la chirurgia minimizzando l’impatto sull’organismo, permettendo al paziente di riprendere la propria autonomia il prima possibile. È molto importante comprendere che il percorso inizia prima del ricovero, già nel momento in cui viene prospettato l’intervento, in particolare riguardo ad alimentazione, attività fisica, stop ad alcol e fumo di sigaretta.
Come espresso da alcuni autori, il recupero più rapido da parte del paziente permette di iniziare prima eventuali terapie oncologiche postoperatorie, con i conseguenti benefici. Inoltre il ridotto dolore permette all’operato di alzarsi dal letto e camminare già il giorno successivo all’intervento, migliorando quindi i tempi di recupero muscolare, aspetto fondamentale del postoperatorio dei pazienti più anziani; il ridotto allettamento riduce inoltre la stasi polmonare, perché il paziente seduto od in piedi respira meglio, con conseguente diminuzione delle complicanze respiratorie. Anche l’attività intestinale riprende velocemente e il paziente riesce ad alimentarsi già dopo un paio di giorni, ripristinando quindi il proprio equilibrio idrico e metabolico. Tanti risultati sono stati ottenuti in questi anni per rendere più sopportabile la chirurgia negli interventi maggiori, ma solo negli ultimi 10 anni, con l’adozione di tecniche anestesiologiche mirate, antidolorifiche postoperatorie e di chirurgia mini invasive, si è quasi raggiunto il concetto di “chirurgia senza dolore”.
La chirurgia laparoscopica costituisce una innovazione dirompente nel panorama dello sviluppo tecnologico e deve costituire il patrimonio tecnico di ogni chirurgo colo-rettale. Non solo infatti garantisce risultati oncologicamente corretti, ma, grazie alla magnificazione delle immagini ed alla possibilità di raggiungere con la telecamera zone altrimenti poco visibili e anche difficilmente accessibili, rende la dissezione più precisa e meticolosa. La classica incisione mediana, che normalmente si estende dal pube allo sterno, viene sostituita da incisioni di massimo 10 mm l’una e da un’incisione, per l’estrazione dell’organo, che generalmente non supera i 6-8 centimetri. La possibilità di eseguire dissezioni estese e ricostruzioni della continuità intestinale con dispositivi altamente tecnologici e sempre più sicuri, ha ridotto ormai la necessità di ricorrere alla colostomia definitiva (sacchetto in cui si svuotano le feci), che viene impiegata, talvolta, solo come metodo per mettere temporaneamente a riposo un tratto di intestino.
Il trattamento chirurgico prevede che sia asportato il tratto di colon o retto malato, con un adeguato margine di sicurezza rispetto alla sede del tumore, e tutti i linfonodi ed i vasi tributari di quel distretto anatomico. Ad esempio se il tumore è localizzato a destra, vicino all’appendice, è necessario portar via tutto il colon destro, con i i linfonodi che si trovano in prossimità di arterie e vene destinate a quel tratto; sarà poi necessario anastomizzare, cioè ricucire, l’intestino tenue al colon rimasto. Allo stesso modo nei tumori della parte sinistra del colon (discendente e sigma) si rende necessaria l’asportazione in blocco della parte sinistra del colon, dei vasi e dei linfonodi . Discorso a parte per i tumori che insorgono negli ultimi 15 cm dell’intestino crasso, il retto. In questo caso è necessario un accurato studio preparatorio per stabilire la distanza del tumore dallo sfinteriale anale e l' eventuale coinvolgimento dello stesso. Nei tumori molto vicini allo sfintere anale è necessario lasciare un tratto di circa 1- 2 cm di intestino sano per garantire che l’asportazione del tumore sia avvenuta radicalmente. Per applicare questa tecnica, soprattutto in laparoscopia, è necessaria molta esperienza con questo tipo di chirurgia, anche perché l’anastomosi avviene proprio a livello dell’ano (anastomosi colo-anale). Tale anastomosi viene sempre protetta da una ileostomia temporanea, che verrà abolita una volta accertato con adeguate indagini l' avvenuta “guarigione/cicatrizzazione” dell' anastomosi sottostante. Se questa distanza fosse troppo breve, sarebbe necessario asportare in blocco l’intestino e gli sfinteri, andando di necessità a confezionare una colostomia defintiva che accompagnerà il paziente per tutta la vita. In altri casi è necessario invece (soprattutto in regime di urgenza) praticare l’intervento in due tempi, perché è presente un’occlusione intestinale od un sanguinamento. Nel primo tempo si asporterà il tumore e si creerà una colostomia e nel secondo si ricollegherà l’intestino. Attualmente, per il tumore del retto “localmente avanzato”, il paziente viene sottoposto ad un trattamento radiante associato a chemioterapia pre-operatoria. Tale percorso viene sempre condiviso all' interno di un team Multidisciplinare (Chirurgo, Oncologo, Radiologo e Radioterapista)
La cura del cancro del colon retto è principalmente chirurgica, in associazione alla terapia medica (radioterapia, chemioterapia ed immunoterapia). Nel cancro del retto, in relazione a quanto la malattia sia sviluppata, la chirurgia può essere preceduta dalla radio e chemioterapia (trattamento neoadiuvante).
La diagnosi è fatta principalmente per mezzo della colonscopia, associata o meno alla colonscopia virtuale; una volta che l’esame istologico abbia dimostrato la confermato la diagnosi, deve essere sempre eseguita una TAC total body, associata nei tumori del retto alla risonanza magnetica e all' ecoendoscopia. Attualmente maggior informazioni si ottengono dall’uso della PET-TAC, nel caso di malattia a localizzazione sistemica. Esistono dei marcatori sanguigni che possono indicare la presenza di malattia e cono il CEA ed il Ca-19.9. Esistono anche dei marcatori in grado di predire l’efficacia della terapia, soprattutto di quella “biologica”, chiamata test di RAS.
La sintomatologia è spesso tardiva e può consistere in dolore addominale, difficoltà ad andare di corpo, con modificazioni delle proprie abitudini. Ad esempio una stitichezza ostinata che compare in un paziente con abitudini regolari, può far sospettare la presenza di una neoplasia, come allo stesso modo va considerata sospetta una diarrea che diviene cronica. Alcuni pazienti affetti da carcinoma dell’ultima parte del retto lamentano la difficile emissione di feci che hanno un aspetto “a matita o a nastro”. Altro sintomo presente frequentemente è il sanguinamento. Il paziente osserva l’emissione di sangue insieme alle feci, completamente od in parte coagulato. È infatti possibile effettuare un test per la diagnosi precoce ricercando il sangue occulto nelle feci. Altri sintomi possono essere il calo del peso, la diminuzione dell’appetito, la nausea od episodi di vomito.
I tumori del colon-retto hanno un’incidenza maggiore in certi gruppi familiari, anche se non si può parlare di ereditarietà, tranne che nei casi di poliposi adenomatosa familiare, alla cui base c’è un vero difetto genetico. Altri fattori di rischio sono soprattutto alimentari, in presenza di diete ipercaloriche, ricche di grassi animali e povere di fibre. Al contrario è dimostrato come le diete prevalentemente vegetariane o comunque con un ridotto apporto di carni rosse, abbiano un’azione preventiva.
La colectomia comporta la rimozione totale o in parte del colon malato. Anche se non si riforma dopo una colectomia, il colon rimanente compensa abbastanza bene la funzione del colon rimosso. La funzione del colon è essenzialmente l’assorbimento d’acqua e lo stoccaggio prima dell’eliminazione dei residui di cibo non assorbiti. Dopo il periodo di adattamento anche la resezione di oltre la metà del colon è generalmente ben tollerata senza disturbi funzionali invalidanti. Discorso differente riguarda invece la resezione del retto. Tale organo infatti costituisce il centro nevralgico di una fitta rete di afferenza ed efferenze nervose che ne regolano il funzionamento, permettendoci di fatto un controllo sulla capacita di trattenere le feci, discriminare tra liquido solido e gas e determinare una evacuazione soddisfacente. E' importante dunque sapere che gli interventi del retto determinano in una quota variabile di pazienti e con manifestazioni differenti ciò che in letteratura è descritta come sindrome da resezione anteriore, che impatta la qualità di vita dopo chirurgia. In questo caso andranno prese in considerazioni alternative terapeutiche volte a ripristinare o minimizzare questi effetti come la riabilitazione del pavimento pelvico, la neuromodulazione sacrale e il bio feedback.